Serata a Szeged

Il problema del binge drinking tra gli studenti in Ungheria e in Europa

una tappa di Elisa Chiesa.

Szeged, capoluogo della Provincia di Csongrád, in Ungheria, è una città di origine antica, conosciuta un tempo con il nome romano di Partiscum. Fu centro dei commerci e base militare sotto l’Impero Romano, poi in parte dimenticata per secoli e quasi interamente distrutta sotto i bombardamenti nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Oggi è una città universitaria, viva, dinamica, piena di giovani.

Le sue vie si fanno più rumorose avvicinandosi al centro, a piazza Dugonics che ospita la sede del Rettore, all’area compresa tra il fiume Tibisco e via Tisza Lajos, coi suoi locali, cinema, pub e centri di attrattiva. Un vociare allegro avvolge l’atmosfera della sera e i passanti si susseguono rapidamente. Il quartiere universitario è così sempre, semplicemente vitale nelle sue mille espressioni. Nella folla di giovani ungheresi si mescolano gli studenti in Erasmus, quelli attratti dall’estero e quelli provenienti da tutto lo stato.

È una massa eterogenea.

Tante storie, tante vite, famiglie presenti alle spalle, genitori assenti, persone altolocate o il figlio della cassiera e quello che non ha mai conosciuto suo padre. La sera, quando le luci dei lampioni si accendono, i locali aprono le proprie porte e la luna tinge d’argento i tetti della città vecchia, tutto quell’insieme difforme ha uno scopo comune: divertirsi.

E tu vuoi far parte di quella festa, non fai in tempo ad avvicinarti alla porta del pub perché un muro di persone ti si para davanti. Qualcuno ha un bicchiere in mano, qualcun altro chiacchiera allegro, un paio bevono direttamente da una bottiglia, molti invece hanno una sigaretta tra le labbra o la tengono in mano mentre gesticolano animatamente. C’è qualcuno che sta ridendo di una risata incontrollata, che ha un’apparenza spensierata, ma nasconde un amaro senso isterico. Un ragazzo si avvicina a un gruppetto di studentesse di Legge, una, con un abitino leggero di colore rosso, sembra attirare la sua attenzione molesta.

Allontani lo sguardo, non sembra il caso di soffermarsi su questo, e continui invece a sporgerti per cercare di individuare i tuoi amici, che stai cercando da almeno un quarto d’ora, quando hai messo piede nella piazza e superato i primi bar, già affollati. Finalmente li individui, ci sono alcuni tuoi compagni di facoltà, un paio di ragazzi che sai che hanno frequentato con te le superiori; uno di loro ti porge quella birra che gli avevi chiesto di entrare a prenderti un po’ prima. Bevi e chiacchieri, dopo un po’ fai un tiro dalla sigaretta che ti hanno offerto, ti riporti la bottiglia alle labbra.

Sorridi, parli.

La serata passa così in modo piacevole: aneddoti, ricordi, un drink, risata, commenti, un altro drink, poi qualche discorso serio, un paio di pettegolezzi, un ultimo drink, dai. Chi si fa ancora un altro giro? È presto in fondo. Le mani si alzano all’interno del gruppo; superate la porta d’ingresso, qualcuno barcolla un po’, hai la testa leggera e pesante allo stesso tempo, ma mantieni una certa lucidità. E la serata vola via così.

Non si tratta di bere per necessità, per dimenticare, perché non si riesce a resistere a un impulso. È molto più semplice e banale: si tratta di fare un qualcosa perché piace, per divertirsi, per distrarsi. Basta. È così per molti, basta guardarsi attorno e si può notare come il sabato sera o la semplice serata con alcuni amici in birreria sia un’abitudine considerata innocente e normale nella società contemporanea. Sostanzialmente è così, non c’è nulla di male in un paio di drink e una sbronza non fa scalpore.

Tuttavia, analizzando un po’ più da vicino la moltitudine di studenti e giovani che affollano le vie e i locali la sera, emerge un fenomeno differente e più preoccupante, non tanto per i suoi effetti immediati, quanto per le possibili conseguenze sul lungo periodo, ma soprattutto per le sue ragioni profonde.

Il binge drinking, ovvero l’uso smodato di alcol al fine di raggiungere uno stato volontario di ubriachezza, è un fenomeno tanto diffuso e radicalizzato, quanto apparentemente sconosciuto nella società odierna. La definizione teorica stabilisce come criterio per classificare un comportamento come, appunto, “binge drinking” (BD) l’assunzione di almeno quattro bevande alcoliche per le donne e almeno cinque bevande alcoliche per gli uomini in una sola serata, almeno una volta al mese. Ciò significa che all’interno di un gruppo eterogeneo, soprattutto se di giovani, una percentuale non trascurabile rientra in questa definizione.

Generalmente senza nemmeno saperlo.

Nonostante a livello globale la percentuale di binge drinkers sia scesa dal 22.6% al 18.2% nel periodo compreso tra 2000 e 2016, in realtà in Europa le cifre sono ancora estremamente alte, in aumento addirittura nei paesi dell’Est, dove tra i giovani si sfiora il 40%.

Tra gli stati dove il fenomeno raggiunge proporzioni più significative ci sono la Bielorussia, con un consumo medio anno di quasi sette litri di bevande alcoliche a persona, la Russia, con circa sei litri, seguono l’Estonia, la Bulgaria, la Lettonia, la Lituania, l’Ucraina e l’Ungheria, dove sono consumati in media quattro litri all’anno per persona.

Queste cifre non permettono però di comprendere la realtà della situazione e come il consumo di alcol sia distribuito tra la popolazione giovanile. Per tale ragione è invece stata condotta un’indagine approfondita dalla Facoltà di Medicina dell’Università di Szeged (Ungheria), analizzando le interviste anonime di 2449 studenti ungheresi, scelti tra 43 scuole secondarie 12 facoltà universitarie della provincia di Csongrád, tra ragazzi di un’età compresa tra i 14 e i 27 anni.

Secondo questa ricerca il 30.5% degli studenti ungheresi è classificato come binge drinker, percentuale che è in linea con quanto confermato anche dal WHO (World Health Organization), ovvero che la tendenza all’uso smodato di alcol è riscontrabile nel 34% dei casi tra giovani di età compresa tra i 20 e i 24 anni.

Sono però soprattutto gli studenti universitari di sesso maschile a rientrare in questa definizione, sia secondo i dati raccolti nella ricerca condotta a Csongrád, sia secondo statistiche croate e rumene, mentre in altri Paesi dell’UE la differenza di genere è sostanzialmente assente o irrilevante. Nella stessa Ungheria qualora si analizzino gli studenti liceali i casi di BD tra ragazzi e ragazze diventano numericamente identici e nonostante le maggiori limitazioni fatte verso i più piccoli, tuttavia, il consumo di alcol tende a essere quasi smodato nei soggetti più giovani.

In Ungheria il tasso di consumo alcolico precoce supera il 42%, cifra di molto al di sopra della media europea, dove comunque i casi tra tredicenni sono piuttosto numerosi, soprattutto se comparati coi dati a livello mondiale. Dunque, oltre a essere un fenomeno estremamente diffuso tra le fasce più giovani della popolazione, può andare a colpire in molti casi anche soggetti in pieno sviluppo, determinando conseguenze non trascurabili nella crescita psicofisica.

Emerge però da un’indagine approfondita, che compara età, provenienza socioeconomica, situazione familiare e rendimento scolastico, che non c’è un unico pattern nei casi di binge drinking. Diversamente da quanto si potrebbe immaginare in un primo momento non sono solo i ragazzi provenienti dalle condizioni più difficili e con un retroterra più complicato a manifestare BD, al contrario, spesso sono ragazzi che hanno alle spalle situazioni normalissime, di media condizione sociale, e con un discreto rendimento scolastico.

Soprattutto tra gli universitari non sembrano esserci differenze nella media e nei risultati accademici tra coloro che erano stati classificati in un modo o in un altro, mentre apparentemente ci sono più ripercussioni sull’impegno in aula per i binge drinkers liceali.

Ma allora perché preoccuparsene?

Se in fondo non ci sono ripercussioni evidenti, se chiunque può rientrare in questa categoria, allora ha senso parlare di binge drinking, ha senso denunciarlo? In realtà sì, e per diverse ragioni. Innanzitutto, ci sono effetti immediati, seppur contenuti, che si esauriscono nella stessa serata in cui si beve eccessivamente: nausea, mal di testa, brevi amnesie, vertigini.

E poi ovviamente i postumi del mattino dopo.

Allo stesso tempo però la perdita di lucidità può accompagnare casi molto più gravi, quali risse o molestie sessuali, che non sono affatto casi isolati tra le feste e le occasioni di divertimento giovanile.

Le ripercussioni sono anche sul lungo periodo, in particolare il consumo di alcol nell’adolescenza può causare danni strutturali e alterazioni funzionali nel sistema nervoso centrale, a partire dall’ippocampo, quella regione del cervello che gioca un ruolo chiave nell’apprendimento e nella memoria. A conferma di ciò basta osservare come gli studenti universitari BD nel corso dei test di indagine abbiano dimostrato di ricordare meno parole e abbiano avuto risultati peggiori nei testi di memoria.

Fino a questo punto però si tratta ancora di un problema non ancora così significativo.

Ciò che lo rende preoccupante è la sua radicalizzazione e persistenza nella società, ma soprattutto la sua completa invisibilità. Guardandosi attorno chiunque potrà rendersi conto di conoscere veramente molte persone che rientrano sotto il profilo descritto, oppure di essere a propria volta un binge drinker senza saperlo e senza considerarlo un problema. Ciò che rende grave il fenomeno e ciò che potrebbe anche rappresentare il motivo per cui sia necessario considerarlo e studiarlo è che oggi questo è considerato il divertimento. Certamente vi sono eccezioni, ma per quanti divertirsi vuol dire prendersi una sbronza?

È inevitabile porsi delle domande una volta che si è osservato ciò, la sfida vera consiste nel darsi le giuste risposte. È innegabile che si tratti di un campanello d’allarme: c’è qualcosa che non va nella struttura della società, nel suo modo di funzionare. Viviamo entro un orizzonte in cui il benessere viene ricercato continuamente attraverso il consumo, che sia di beni materiali, di sostanze, di oggetti o di esperienze, è comunque un consumo continuo.

Funziona così il sistema capitalistico, funziona così la società occidentale ed europea, e prescindendo giudizi di valore o di matrice politica, il punto fermo rimane che oggi tutti consumano continuamente nella speranza -forse- di rispondere così a esigenze differenti, spesso interiori.

Sostanzialmente un’ipotesi per rispondere all’interrogativo precedente, ovvero ai motivi del BD, è che sia un tentativo di sfuggire momentaneamente all’insicurezza della società contemporanea, a quella liquidità nelle relazioni, nei rapporti e nel lavoro che caratterizza la modernità secondo il celebre filosofo e sociologo Zygmunt Baumann. Oggi tutto è in continuo movimento, ma è anche estremamente fragile e incostante. In una parola: fluido. Ciò fa paura, anche se non ce ne rendiamo conto, anche se crediamo che non sia così, ma verosimilmente temiamo le prospettive insicure di un futuro sempre più incerto. Ed è possibile che sia proprio questo a spingere migliaia e migliaia di giovani a voler staccare la mente per qualche ora.

È possibile che ubriacarsi sia una delle risposte di consumo che vengono offerte.

Gli ultimi due anni sembrano confermare ulteriormente il discorso. L’incertezza già intrinseca la modernità è infatti accentuata ulteriormente dalla pandemia e dai problemi a essa connessa: è impossibile fare progetti a lungo termine se non si sa come sarà la situazione dopo un paio di mesi, è impossibile allontanarsi dall’orizzonte dell’oggi se la minaccia di una chiusura o del contagio circoscrive un perimetro molto ristretto in termini di tempo e di spazio. Ed ecco che quindi, in questo contesto, un divertimento semplice, immediato, rilassante e facilmente raggiungibile viene raggiunto con il binge drinking, che è in aumento dal 2020 anche per queste ragioni.

Bisogna riconoscere dunque quello che ormai è un elemento presente nella società contemporanea, trattandolo eventualmente come problema impellente nelle circostanze più gravi, ma soprattutto non smettere di interrogarsi sul significato profondo di tale fenomeno, poiché può essere una chiave di lettura della contemporaneità, dei suoi problemi e delle sue caratteristiche.

all pictures by Sadie Catt.

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