Principi masochistici per una poetica dell’amore

una raccolta di Andrea Ferraiuolo
editing di Stefano Tarquini.

[…] poiché a questo porta l’immenso macchinario dell’amore,
all’assorbimento […] sofferenze, inutili crudeltà […] L’unico principio
di vita è il masochismo, e il masochismo è un principio di morte.

(1)

Questa notte

tuonano le tue labbra 
e ancora è minacciato
     il mio pallidare

C’è un cielo cristallo quasi verde che ti copre 
     e sarà
che ti conosco da due giorni

     Sarà
che questa luna mi rende pallido
su viso e braccia
che forma un albero luminescente
del sangue che ho in corpo

     Sarà
che ci conosciamo da due giorni
ma credo di non sapere chi tu sia

tua voce     sempre più sorda più sorda
mi schiaccia mi soffoca
mi brucia con rabbia     intensamente arde

tue unghie mi strappano     il sangue
e straripa dagli organi come una bestemmia

amore     che come un fuoco
d’artificio
          nasce
               e si distrugge
                    nel già stato

(2)

Questo signor decapitato signor segato
signor banalmente malato brucia
all’orizzonte un po’ lontano dalla penombra cerca
con smarrimento il suo filo spinato

Mutilato questo corpo
cerca ancora di assemblarsi
qualcuno che dica o che menta
preferirebbe morisse e disseminasse
fuori dalla sua scatola

È una scultura d’ombra o anche il mutismo
il nostro mutilato escremento amoroso
concime disseminato
su questo terreno
trapassato

(3)

Ti ruberò cuore polmoni e fegato li lancerò alla luna –
che bei papaveri diverranno – nel gigante amplesso
dell’ultima volta così tu sarai vuota ed io troppo pieno
e la mia mente ammalata troverà l’ennesima falsa soluzione
Vorrei tanto non esserci
eppur ci sono!
estraneo
un fiore si scuote si rovescia la notte

(4)

Nelle mie mani affumicate suicide vedo il tuo volto tondeggiante
che s’illumina – essendo rivale al mio – e sento la frescura uscire
dalle tue labbra calde che hanno una propria luna: quella sfera
illumina il mio corpo e il mio desiderio ma non il mio volto.
Sai come sono: un posacenere è il mio volto: si pulisce d’ogni
cenere di tanto in tanto: e voglio dire che nel nostro gioco
la cenere in me si fa più nera più nera.
Oh io dovrei reggere questo gioco – oh io – dovrei incrociarti
lasciandomi la nausea e i deliri: fingendomi ancora.
Oh io in questo manicomio a brandelli mi ritrovo incendiato
nelle tue mani.

Forse io suicida affumicato ho cercato troppe volte l’anello verde
la candela dallo stoppino bruciato i fiori spezzati
che volavano intrecciandosi col tuo universo: tua voglia matta
di parlare dell’universo illustrazione del destino semovente.
Ma nel mio continuo ribadire illuso 
forse era destino che dormissi. 
Forse tu eri un cielo sveglio in altro luogo:
nel tuo volto vedevo le rondini.

(5)

Tu partirai e io mi concederò all’arcipelago della mia
mente Tuguri per l’inverno cercherò camera tua come
un capriccio come un cretino fra i sassi che pensa
alle tue lenzuola
     Smozzati quasi ma i fiumi incoraggiavano
incoraggiavano il furore e il sesso Ci nascondevamo e
pensavamo di ballare arrischiando come soldati in campo
     Partirai e io sarò morto 
L’inverno s’abbozzerà
chissà che tu non conoscerai altri me.

(6)

Io poi non sono un tipo rancoroso, le dicevo e
prima che prendessi l’ascensore fuggendo lei mi vedeva
l’occhio tradito da una frase come “vorrei rinascere”. 
Voleva piangere mitragliata dal vento
o almeno sedersi un poco
per pensare.

(7)

Potermi strozzare nel tuo cuore o fra le tue costole
questo vorrei
vorrei essere distrutto nullificato straziato esaurito
ucciso e riucciso 
in questa lotta masochista
incantami e incatenami all’ennesima nostra farsa
soffrirò silenzioso 
perso a morte senza ragione ad amarti 

(8)

Il volo di trentamila piccioni sopra la testa
una nuvola che trasporta parole rassegnate
rifugio nel pozzo dove il tonfo del tempo
dalle nostre voci riecheggia 
A parte questo
ci sono cose che non passano mai
il desiderio dell’ennesimo tuo bacio

(9)

Raggelare il mio amore e non poter far altro immobile
soffrendoti m’arrampico sui monti morti nella mente
sentendo lacerare l’aria da piccoli gridi:
un’aria pesante e infettata che ci divide grossolana
chiamando la mia furia d’invidia
e amare quella strada che percorrevo che portava al campo
imbrunito incendiato che parlava d’altri bisticci 
d’altri logorii e incantamenti della tua ottusità e dolcezza
e m’invitavi tenace e amabile m’invitavi
nella nostra capanna delle tenerezze e io non sapevo respingerti 
solo il tuo sguardo mi prevedeva altrove e
solo tu sai ora della mia maldestra solitudine

(10)

C’è ancora vento sento tintinnare l’erba
si spaventa il cuore per la ferocia e l’aria
mi scuote e mi perdo nella radura disobbediente

nel precipizio dell’erba alta grosse gocce cadono
e mi annaffio di un odore stravagante ma familiare.
Sento tintinnare e c’è ancora vento
dal cielo scende una notte disobbediente: apro gli occhi: 
piano piano in tuo corpo leggero precipita. 

(11)

Attendo la sera inoperoso. S’alza un vento ribelle
e sovversivo e io come un imbecille in balia ad esso
gioco con le ombre delle mie occhiaie: mi spazzi via
rutti che mi risalgono per la testa
e passando sui ponti uno spavento d’aria che 
mi scuote e mi perde:
domani avrò sonno e di te dormirò.
Preso dalla vertigine e dalla tristezza s’attende che
questo soffio di scirocco tachicardico si muova e si 
smuova dentro di me
come se perennemente mancasse qualcosa.

(12)

Ti poso questa lingua dolciastra sulla tua pelle liscia.  
È liscia, vero? Buona come un angelo. Dimmi che non avrai mai altra età. 
Che non avrai mai altra età! Oh ti poso questa mano maniaca,
sapessi che gran cuore… ! Se non ne puoi più 
domani pianto tutto, pianto tutto e me ne vengo via con te
da questo palcoscenico mi vestirò bigio e anonimo
Vuoi tornare a Caen? me ne vengo via con te
E una volta lassù 
che vorrai esser sola
solo prenderò il treno 
a ritrovare gli amici e dir loro
me ne vengo via con te.

tutte le foto di Claudia Bozzato.