Sweetheart

un racconto di Diego Donna.

«Scusi, Romano…» la voce del responsabile qualità entrava dalla porta aperta dell’ufficio di Claudio Romano, direttore post vendita.

Romano era intento a scremare velocemente più di cento email che gli si erano accumulate nella casella dalla sera prima. La maggior parte le spostava senza nemmeno leggerle nella cartella “roba” che si era creato apposta per lo scopo. Sollevò la testa a osservare il responsabile.

L’uomo entrò e rimase in piedi davanti alla scrivania.

«Abbiamo trovato un difettuccio un po’ grave su un modello Sweetheart.»
«Avete già rintracciato i lotti?»
« rispose prontamente il tecnico. “Per fortuna dovrebbe riguardare solo una dozzina di pallet”.
Romano annuì pensoso.
«Insomma…» ammise con un sospiro. «Sono poi sempre trecento macchine. Non è poco. Ha fatto un’ipotesi per la riparazione?»

«Mah, guardi…» il tecnico scuoteva la testa. «Si cambia il blocco pompa in massa, non stiamo a sindacare. Si perde più tempo a cercare il difetto, che poi non ne vale la pena. Prendo due ragazzi. Si apre, si cambia il blocco pompa e si richiude.»
«E poi si reimballa tutto.» redarguì Romano cercando la conferma nello sguardo del tecnico. «Mica noi mandiamo via le macchinette del caffè chiuse con lo scotch.»

«No, certo. No. Vado a parlare in logistica se hanno un po’ di scatole nuove che avanzano.»
Il responsabile qualità annuiva, sguardo basso.
Romano notò che sembrava non avere ancora intenzione di allontanarsi. Inoltre questa segnalazione, fatta a lui, era strana. Ovviamente c’era dell’altro. Si drizzò sulla sedia separandosi dal computer, si preparò a un discorso più lungo:
«Perché è venuto a dirlo a me?»

Sapeva già la risposta, o almeno la temeva.

«Che ne sono già andate via.» ammise sconsolato il responsabile.

Ecco. Lo sapeva. Spedizioni difettose. Si strofinò gli occhi e si appoggiò allo schienale. Per prima cosa doveva dare una dimensione al problema.
«Quante ne sono partite?» domandò cercando di ostentare calma e distacco. «Centosettantacinque.» fu la risposta.
Romano ponderò guardando il pavimento.
«Quanti clienti?»
«Sette.»

Romano inarcò le sopracciglia.

Una noia, di certo, ma non una catastrofe. A meno che il difetto non fosse pericoloso.
«Ha la lista delle bolle?» domandò.
«La preparo,» propose il tecnico, preso alla sprovvista. «Gliela porto.»
«No, no.» Romano fu tranciante. «Le porti direttamente a Laura. Faccia subito poi torni un momento che mi spiega meglio».
Il tecnico uscì.

Romano alzò il telefono.

«Laura, ciao. Sì. Ti arrivano dalla qualità con sei o sette bolle. Sì. Devi chiamarli tutti e pregarli di non aprire i pallet. Eh sì, un problema. Poi vediamo come fare, intanto chiamali, ok? Va bene.»
Con un sospiro e un piccolo sforzo tornò alle email.
Stava scartando quella intitolata:

Re: Re: Re: Re: I: Re: I: Re: Re: Re: Osservazioni su tue osservazioni riunione del 24 su problema acquisti del mese di luglio


In cui lui compariva sia in A: che in CC: che in CCN: .
Quando il tecnico si ripresentò con un «Fatto. Dati tutti a Laura.»

«Benissimo.» Confermò Romano raddrizzandosi di nuovo verso lo schienale. «Per favore,» domandò. «Mi descrive il difetto?»
«Mah,» Il tecnico si prese una pausa per formarsi una spiegazione in testa. «Tutto parte dal motorino della pompa che va fuori giri. Aumentano i giri, diventa rumoroso. Poi comunque la pompa gira più del dovuto.»

Poco grave, pensò Romano.

«Però le farei vedere un campione,» propose il tecnico. «Così magari mi dà anche un parere lei sul da farsi.»
«Va bene,» approvò Romano alzandosi. «Va bene. Andiamo.»
Uscirono dall’ufficio e aprirono la porta del reparto. Il rumore degli impianti eruttò dalla porta aperta e loro vi si immersero.

Mentre camminavano sulla striscia gialla del percorso pedonale, incrociarono una donna affrettata nella direzione opposta.
«Romano, hai letto?» gli gridò nel frastuono generale.
«No. Guarda, ho visto ma non l’ho ancora letta.» rispose Romano urlando.
«Per favore,» rispose la donna. «Dimmi qualcosa.»
«Va bene,» urlò ancora Romano. «Oggi pomeriggio mi prendo un momento e ti rispondo.»

La donna sembrò soddisfatta e si allontanò svelta.

Giunsero all’ufficio campioni. Prima che potessero aprire la porta, un uomo li raggiunse veloce con in mano un caffè in un bicchiere di plastica.
«Romano,» urlò. «Dammi il budget, per favore. Domani li devo dare tutti.»
«Scusa,» urlò Romano in risposta. «Non ho avuto tempo. Ascolta, oggi pomeriggio mi prendo un momento e ti rispondo.»
«Davvero Romano, domani mando su tutto. Deve essere chiuso.»
Romano annuì all’uomo che si voltò alla ricerca di un cestino per il caffè.

Il tecnico aprì la porta dell’ufficio campioni ed entrarono.

Il frastuono si affievolì e poterono riprendere a parlare in tono normale.
Romano alzò lo sguardo e si fermò a osservare tre grandi forme ovali, simili a specchi, sospese nella stanza a un paio di metri nel vuoto. Avevano i bordi imprecisi, poco comprensibili, sembrava di vedere delle fotografie sfocate. Si muovevano ondulando. Uno strano film sfocato, proiettato a mezz’aria.
«Cosa sono?» domandò senza spostare lo sguardo.
«Eh, il problema di ‘sto lotto di macchinette.»

Romano continuava a osservare senza capire. «Mi spiega meglio?»

Il tecnico cercava le parole.
«Guardi, come le dicevo, il motorino della pompa va fuori giri, fa rumore, vibra. Poi la Sweetheart si mette a vibrare, e trac
«E trac?» ripeté Romano.
«Sì. Compaiono questi.»
Romano annuì. «Ma perché sono tre?»
«Abbiamo provato tre macchinette.» rispose con tono di ovvietà il tecnico.

«Certo,» ammise Romano. «Ma secondo lei cosa sono?»

«Mah,» il tecnico scuoteva la testa perplesso. «Io non sono molto competente qua, sa, faccio solo la qualità. Ma secondo me sono portali dimensionali.» annuì serio con convinzione.
Romano per la prima volta distolse lo sguardo dalle tre forme per fissare il collega.
«Portali dimensionali?»
«Sì, sì». il tecnico esternava sicurezza.
«Ma se spegnete le macchinette spariscono?» domandò Romano.

Il tecnico stese una mano a indicare le tre macchinette sul banco, con uno sguardo di ovvietà.
«Sono spente, non vede? Una volta aperto il portale anche se spegniamo le macchinette rimane lì. Non se ne va più.»
«E quella?» Romano trasalì osservando una scaletta aperta sotto uno dei tre portali.
«Eh, quello è Gilardi.»
«Gilardi?»
«Sì, il ragazzo nuovo, sa?»
«Sì, sì. Gilardi, conosco.»

«Eh, ha voluto guardare dentro cosa si vedeva, così, per capire.»
«Già.» confermò Romano perplesso.
«E niente,» ammise il tecnico aprendo le braccia perplesso. «È saltato dentro e non è più tornato.»
«Ma da quanto è che è entrato?» domandò Romano perplesso.
Il tecnico guardò l’orologio scuotendo la testa: «Mah, un’ora. Un’ora e mezza.»

Si fissarono muti.

Da una delle tre sagome, non quella con sotto la scaletta, una forma nera e oblunga saettò fuori agitandosi nella stanza sopra le teste dei due uomini, per poi scomparire da dove era comparsa.
«E quello?» domandò Romano, indicando verso l’alto.
Il tecnico scosse la testa. «Anche di quello volevo parlargliene. Non sappiamo cosa sia. Ma non è una bella roba.»

«No.» ammise Romano.

«Ogni cinque dieci minuti salta fuori.» spiegò il tecnico. «A vederlo bene sembra una roba tipo un tentacolo, sa? Un po’ come un polipo, ha presente?»
«Sì, sì.» confermò Romano, «È sembrato anche a me. Certo che è un guaio.»
«Eh sì.» il tecnico concordava pienamente.
«Meno male che abbiamo fermato le spedizioni,» Romano cercò una ragione di sollievo.
«Lei capisce,» cercò di spiegare al collega «Nell’ipotesi peggiore, ma proprio il caso peggiore, qua si tratta della fine della civiltà come la conosciamo.»

Il tecnico annuiva costernato. «Ah sì. Niente da dire, è un problema grosso.»
«Senta,» Romano ritenne di dover prendere una decisione sull’immediato. «Intanto qua chiuda a chiave. E poi vada da Coda, della sicurezza sul lavoro, e gli spieghi la cosa.»
«Va bene.» approvò il tecnico, ma venne subito colto da un ripensamento. «Sì, ma se ritorna Gilardi? Poi si trova chiuso dentro.»
Rifletterono un momento, fino a che Romano decise:

«Senta, sinceramente, ma secondo lei Gilardi torna?»

Il tecnico scosse la testa e unì i palmi in un gesto di ovvietà. «Ma no che non torna, ha ragione lei, siamo realisti.»
«Ma infatti,» convenne Romano. «Allora si chiude a chiave e io vedo di fare tornare indietro ‘sti pallet.»
«Va bene.» confermò il tecnico mentre Romano si allontanava per tornare nel suo ufficio.
«Che giornata pesante.» ripeteva tra sé e sé Romano mentre procedeva verso l’ufficio nel frastuono dell’impianto.
Appena rientrato alla sua scrivania sollevò il telefono per accertarsi della situazione. «Laura, li ha sentiti quei clienti?»

La voce nella cornetta era spedita e laconica. «Sentiti. Purtroppo un po’ di pezzi sono già andati».
Romano si accasciò sulla sedia portandosi la mano alla fronte. Che seccatura. Veramente una seccatura. Si fece coraggio e procedette con la domanda di dovere.
«Quanti?»
«Ne hanno già venduti quattordici. Mi dicono che li vanno a ritirare dagli scaffali, ma può essere che qualche pezzo ancora vada via.»

Romano ebbe un momento di sconforto. Che brutta giornata.

«Va bene Laura, grazie. Da qua ci penso io.»
Posò la cornetta. Niente da fare, rimuginava Romano. Fine della civiltà come la conosciamo. Che seccatura. Si accostò al computer e aprì una nuova email.

Ciao Marco,
riguardo al tuo sollecito per avere il mio nuovo budget devo informarti che gli impegni correnti non mi permettono di venirti incontro. Ti autorizzo a riutilizzare il mio documento dell’anno passato con le identiche cifre e partizioni. Inoltre sto considerando che, visti i recenti sviluppi, fare il budget per il prossimo anno potrebbe rivelarsi un lavoro inutile.
Claudio Romano

Si alzò e decise che quel giorno sarebbe tornato a casa prima.

all pictures by Wayne Levin.

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