Minifesto I – Università

Una volta, a un rave in Polonia, un tizio sotto acidi mi ha detto che le più grandi rivoluzioni nascono solo per amore o per rabbia. Ho guardato basso perché non sapevo cosa rispondere, voglio dire, neanche lo conoscevo questo tizio, né ricordavo come fossi finito in una conversazione con lui. Insomma ho guardato basso e ho visto che era scalzo. Per amore o per rabbia, ha detto. Non ricordo quale discorso lo abbia portato a questa massima, né come quella conversazione sia finita, ma la sua frase mi è rimasta addosso, negli anni.

Spesso mi sono chiesto se l’uomo scalzo avesse ragione, se davvero sono due le ragioni che ci spingono alla rivolta. Ogni volta che mi sono trovato davanti a una rivoluzione, reale o presunta che fosse, mi sono chiesto a quale delle due categorie appartenesse. Me lo chiedo anche oggi, mentre provo a farne scoppiare una, di rivoluzione.

Noi siamo il Super Tramps Club, una casa editrice giovane, indipendente, vagabonda. Abbiamo in cantiere romanzi e raccolte, pronti a uscire e a raccontarci a chi saprà ascoltare. Questo però, per noi, non è mai stato abbastanza. Organizzavamo letture, mostre fotografiche, ma non era abbastanza. Ci facevamo cacciare dagli hotel, alle fiere letterarie, per aver ospitato troppe persone in una stanza doppia, ma non era abbastanza. Pubblicavamo una rivista letteraria e fotografica, Turchese, viaggiavamo di notte sui bus per presentarla in tutta Italia e vi giuro che ancora non era abbastanza. In un mondo che uccide, non puoi startene lì a fare i libri e basta. In un tempo che brucia, non puoi accontentarti di raccontarlo. Devi guardare negli occhi lə tuə amichə e, che sia per amore o per rabbia, devi guidare una rivoluzione.

Nasce così Minifesto I – Università, un libro piccolo, ma deciso a cambiare le cose. Sentiamo, per una volta, di voler essere noi a raccontare noi stessə e le verità che ci riguardano da vicino. Siamo stanchə di sentire parlare di noi da chi non ci conosce. Vogliamo prendere in mano le nostre storie, per cambiarle. E la generazione non ha a che fare soltanto con l’età, ma con un’idea diversa di società, di editoria, università.

Minifesto I – Università parla di questo.

Ci hanno raccontato che un’università costruita sul sistema meritocratico è la migliore possibile, perché promuove l’uguaglianza. Non vedono che si fonda invece su competizione e classismo. La meritocrazia ci porta a sperare nell’insuccesso degli altri, perché gli accessi sono limitati e i posti sono pochi: finché sono lə altrə a fallire va bene. La meritocrazia porta lə studentə più poverə a inseguire disperatamente uno standard malsano, ché il diritto allo studio è per tuttə, ma le borse di studio sono solo per chi performa. La meritocrazia premia e riconosce soltanto determinati tipi di abilità, quelle più spendibili nella corsa alla produttività estrema, ignorando e marginalizzando gli altri talenti.

Se il trentatré per cento dellə studentə universitariə soffre di ansia, il ventisette per cento di depressione, se sacrificare ore di sonno in favore dello studio è considerato un comportamento ammirevole, c’è un errore alla base.

“Fra le varie categorie in cui classificare la popolazione, ce n’è una molto specifica, eppure ampissima e in crescita, di persone non sempre o per forza giovani, una categoria, questa, molto discussa negli ultimi tempi per via di una serie di eventi, sistematici e no, che l’hanno coinvolta: questa categoria sono gli universitari. Ne faccio parte io che scrivo, così come gli altri membri della redazione che prendono parte a questo — primissimo — numero. Ne fa parte persino la mia ragazza, anche lei in redazione, che per prima ha suggerito il titolo: minifesto, perché la rivista avrebbe dovuto essere piccola, dire poche cose importanti in poche pagine: una voce di corridoio su carta, un’analisi in forma di pettegolezzo, ecco: una polemica da lezione in sesta ora. Del primo che le ha messe in giro, queste voci, nessuno sa il nome, ma in quanto voce è collettiva, spifferata dalle labbra di tutti. E mi ha sempre affascinato l’idea che una voce arrivi all’orecchio sempre, per forza, per vie traverse; come se tutti sapessero e a tutti, singolarmente, appartenesse: come, insomma, in una moltitudine di solitudini. E quando, per la prima volta, qualcuno decide che quelle voci, quelle convinzioni comuni, devono prendere un corpo, e qualcuno, appunto, le scrive su carta, alla stregua del primo che ha trascritto l’Odissea, sta dando loro, a quelle voci, un senso di invariabilità e di unità. Dunque, per rispondere alla primissima domanda, A cosa serve un manifesto?, rispondo così: un manifesto è un’azione di unificazione.”

Fabrizio Pelli, da A cosa serve un manifesto?, in Minifesto I – Università

Un’azione di unificazione. Come giovani, come editori indipendenti, siamo lo starnuto di generazioni che hanno perso il contatto con il mondo. Noi, il Super Tramps Club, siamo quellə che vogliono far ripartire l’editoria dal basso, basandola sui rapporti umani. Siamo quellə che vanno di persona alle poste a spedire ogni copia di ogni libro, che disegnano i cuoricini sulla busta e ti mandano un selfie mentre la imbucano, siamo quellə che dopo un mese ti scrivono per sapere se il libro ti è piaciuto. Oggi chiediamo all’università le stesse cose che da anni chiediamo all’editoria: che smettano di vedere e di vendere le persone come numeri.

Vogliamo, innanzitutto, che si parli di questi argomenti. Vogliamo essere guardatə in faccia, ascoltatə. Vogliamo che si faccia qualcosa per tuttə lə studentə che, per colpa di un mercato ripiegato su sé stesso, non riescono a trovare una casa. Vogliamo che il governo si prenda la responsabilità delle morti che il sistema universitario sta causando.

“Il cinque per cento dei suicidi, ogni anno, in Italia, è rappresentato da giovani sotto i ventiquattro anni, e la percentuale tra lə studentə universitariə è vorticosamente alta. Le premesse sono simili, nella maggior parte dei casi, a quelle di Lorenzo. Bugie sugli esami, una tesi inesistente in consegna, la data della discussione fissata, fino a quando la farsa che hanno costruito non crolla sulla loro testa. È una realtà che non può sorprenderci, considerata la chiusura del sistema universitario, in cui il valore di unə studentə è misurato con un numero. Un sistema — e fa male dirlo — che stimola il senso di inadeguatezza e isolamento e lo usa addirittura come proprio motore.”

Giulio Frangioni, da Ripetizioni – Quindici lezioni per un’università migliore, in Minifesto I – Università

Vogliamo un sistema fondato sulla cura, così come noi di STC vogliamo prenderci cura di chi ci legge, perché in realtà è chi ci legge a prendersi cura di noi. Vogliamo ascolto, E scendere in piazza a piedi nudi e attraversare rave al confine, parlare con lə sconosciutə e scoprire insieme la vera frontiera tra rabbia e amore. In questa rivoluzione, oggi, c’è bisogno di entrambi.

tutte le grafiche di Andrea Carpenè,
illustrazioni di Mercè Aragonès.