Alarm – versione italiana

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Rubando una buona idea al Mesai Animation Team.

“Lavorarci più duramente,
Renderlo migliore,
Farlo più veloce
Ci rende più forti.„

“Harder, Better, Faster, Stronger”, Daft Punk

Questa storia inizia con un filo d’aria che arriva dall’est. La brezza ha già attraversato il mare, spento candele. Ha abbracciato un cactus del deserto, danzato con i contadini sulla montagna. È il suo lavoro, tutti ne hanno uno. Il filo d’aria non dimentica nessuno. Soprattutto, non si dimenticherebbe mai di PJ: quel pigrone, sempre a poltrire, che però ha lasciato di nuovo la finestra aperta.
È rimasta aperta tutta la notte, la finestra di PJ: adesso il vento dell’est può entrare a svegliarlo. È mattina PJ, svegliati, dice il filo d’aria.

Non ancora, è presto.

E invece è già tardi, tra un minuto partirà la sveglia dello stereo e sarai costretto ad aprire gli occhi. PJ non risponde, continua a dormire. Il vento dell’est scuote le tende: dai, è ora.
Ancora cinque minuti, ti prego, ho dormito poco.
Ma PJ non ha più tempo, deve andare al lavoro. Lo stereo inizia a suonare una dolce musica. Sul display c’è scritto “Good morning” e, in alto, dei numeri. 7:00. Il vento dell’est smette di muovere le tende: d’accordo, io volevo solo aiutarti. E vola via lontano, ad abbracciare cactus e a ballare con i contadini.
Il volume dello stereo sveglia PJ. O forse il ragazzo è ancora nel dormiveglia, impossibile dirlo. Quella musica mette in pericolo il suo sonno e lui ha il dovere di proteggerlo. La scorsa notte è andato a letto ancora più tardi del solito, aveva avuto da fare: questioni di lavoro, roba importante.
Alza una mano fino allo stereo dietro di lui, a spegnere la musica. La mano fa il suo dovere, poi cade di nuovo, immobile. Forse PJ nemmeno se ne rende conto. Di sicuro però il ragazzo si accorge di quando inizia a suonare la sveglia del suo telefonino, 7:01. La imposta sempre per sicurezza, metti mai che lo stereo non riuscisse a svegliarlo. Però lui adesso ha sonno, che diamine. Non se l’è meritato un po’ di riposo?

Spegne il telefonino senza guardarlo, poi la mano torna morta al suo posto. Ora può starsene finalmente tranquillo. Ah no, ecco che inizia a suonare il vecchio orologio che tiene sulla scrivania: devono essere le 7:03. Ora deve proprio alzarsi o farà tardi al lavoro. Il suo capo lo aspetta, forse PJ si è dimenticato di come diventa quando aspetta troppo. E invece cosa fa quel folle, è lì che si rigira tra le coperte mentre la sveglia continua a suonare. Al boss non piace attendere. Di sicuro il boss si è già alzato e non sta strofinando con  rabbia i piedi contro le lenzuola, come fa PJ. Non c’è niente di cui arrabbiarsi, ormai è già fin troppo tardi. Può anche darsi che PJ si sia scordato cos’è successo all’ultimo dipendente che è arrivato fuori ora al lavoro, ma non era niente di buono. Quindi PJ, forza, è stato bello finché è durato ma adesso è il momento di no aiuto aspetta cosa stai facendo rimettila dove l’hai trovata lasciala subito. PJ prende una pistola da sotto il letto e spara al vecchio orologio sulla scrivania. Il proiettile rimbalza e l’orologio si ribalta mentre la mano lascia cadere l’arma e si ributta abbandonata sul bordo del letto.

Ma il boss lo aspetta e così, anche se è ribaltato, l’orologio riprende a suonare alle 7:04, appena la pistola cade a terra. Devi sbrigarti PJ, o farai aspettare il boss. Il lavoro è importante: basta che uno la mattina decida di non presentarsi e agli altri salta tutto il programma. PJ lavora in una catena di montaggio quindi ci sono dei turni da rispettare, la collaborazione è fondamentale.
Quel dannato orologio continua a dare l’allarme e anche il telefono ricomincia a urlare profezie disperate. Siamo perduti, sono già le 7:05: quel disgraziato perderà il posto alla catena di montaggio, diventeremo poveri. Si salvi chi può!
In realtà al lavoro PJ non viene pagato granché, ma i soldi sono abbastanza da comprare un telefonino funzionante e uno stereo che lo svegli la mattina. È così importante, il lavoro che deve fare, forse anche perché è proprio il lavoro a rendere lui importante.

Come se non bastasse, ricomincia a suonare anche lo stereo: musica heavy metal, questa volta. Tutti vogliono che PJ si alzi. Lui prova a restare così, con tutti quegli arnesi che strepitano a pochi metri da lui. Si tira la coperta sulla testa, sa che a questo punto è impossibile riaddormentarsi ma tenta comunque. Guardatelo, come si dimena, nel suo letto, cercando di dimenticarsi quel baccano, di non farci caso e lasciar vincere il sonno. Ma sa che questa è una battaglia già persa, ormai è fatta.
Nessuno che abbia un minimo di comprensione per lui. Alla fine PJ non ha mai tempo libero. Per colpa del lavoro rientra a casa sempre tardi, e anche la sera dopo cena ci sono turni da stabilire, faccende da sbrigare. Il motto del boss è «Più duramente, meglio, più veloce, più forte», ci tiene. Così PJ ha sempre meno tempo per dormire: è stanco PJ, la mattina fa sempre più fatica ad alzarsi. Ma finché può comprare nuove sveglie, riuscirà ad arrivare puntuale.

Ora deve scendere dal letto. Ora deve capirlo, ora deve arrendersi. Più che mai ora dopo ora deve alzarsi.

PJ si alza, corre addirittura. Corre a spegnere tutti quegli aggeggi squillanti, a togliere le pile dal vecchio orologio, ad abbassare a zero il volume dello stereo, a staccare la batteria del telefonino. Ce l’ha fatta, ora non nessuno può più disturbarlo. Tira un sospiro di sollievo, forse è ancora in tempo per riaddormentarsi. Al diavolo il lavoro, il boss, i turni alla catena di montaggio. Vada alla malora tutto quanto, PJ deve recuperare anni di sonno perduto. Che si infuri pure il capo, lui gli scriverà una lettera di dimissioni quel pomeriggio stesso. Che senso ha produrre se il prodotto non lo puoi sfruttare? Che senso ha guadagnare se non hai tempo per spendere?
Ma PJ non fa in tempo a infilarsi di nuovo sotto le coperte, che qualcos’altro comincia a suonare. Una sveglia, ma non è il vecchio orologio. Non è niente nella stanza, nulla che PJ possa vedere. Eppure questo trillo è molto più forte di tutti gli altri prima, più di tutte le altre sveglie assieme. Driiiin. PJ non riesce a capire da dove arrivi, se lo sente addosso, lo avverte dentro di sé. Driiiin. Questo nuovo ronzio non proviene da sotto il letto, né dalla finestra aperta e nemmeno da dentro il muro. Driiiin. PJ, ancora in piedi così vicino al letto, si volta verso lo specchio. Non può credere ai propri occhi. Questa nuova sveglia sta suonando nella sua testa. Driiiin.

PJ dorme, PJ si sveglia. A che è servito allora tutto quanto? A niente, a un accidente! Cosa era andato a sognare? Lasciare il lavoro, che idiozia. Nessuno può lasciare il lavoro. Sente il vento dell’est entrare dalla finestra, accarezzargli i capelli. È mattina PJ, svegliati, dice il filo d’aria. Devi andare alla catena di montaggio.

Hai ragione, è tardi.

PJ si alza prima ancora che lo stereo suoni la canzone delle 7:00. Cosa gli era saltato in mente? Oggi pomeriggio comprerà una nuova sveglia, da mettere di fianco allo specchio. Non si sa mai.
Lui è già in piedi quando sul display compare la scritta “Good morning”. Oh, lo sarà, una buona mattina: lo sarà di sicuro. La vita continua con il suo salario, con la sua catena. Con il suo cimitero. E il filo d’aria esce dalla stanza, scuotendo le tende. In fondo è quello il suo lavoro.

(Excelsior!)

Nota (pizzosa) dell’Autore

Questo racconto arriva in un momento davvero felice per il nostro blog. E ancora più felice sono io.
Il giorno in cui (con tutte le paure immaginabili e anche qualcuna in più) ho aperto questo angolino di internet, ho voluto prima di tutto che fosse accogliente. Avevo in testa l’immagine di un gazebo aperto a tutte le ore, aperto a tutti, sotto al quale ci siederemo ogni giorno a divertirci e a riflettere. E giocare a carte, bere cocktail, non so, tutte quelle menate che le famiglie fanno sotto i gazebo.
Non si tratta di quante persone leggano effettivamente questi racconti, ma di quant’è bella la famiglia che continua ad allargarsi sotto al gazebo. Questo sono gli accoliti.
Ed è per questo motivo che pubblico il racconto “Alarm” sia in italiano che in inglese: per continuare ad accogliere nuovi accoliti sotto al gazebo. Dai, se fate i bravi ogni tanto vi lascio anche accendere un barbecue.
E comunque sì, mi avete beccato: l’ho tradotto per avere qualcosa da spammare nei gruppi anglofoni su Facebook. Ma anche per mandarlo al Mesai Animation Team, sperando che non mi denunci per aver rubato il loro corto d’animazione trasformandolo in un raccontino di dubbio gusto.
Ancora un immenso grazie a voi, accoliti. Stiamo costruendo qualcosa di carino e non potrei andarne più fiero. Arriveremo alle stelle.